sabato 14 maggio 2011

COLTELLO SARDO

LA STORIA DEL COLTELLO SARDO
Fin dai tempi più antichi, il coltello in Sardegna è stato un umile servitore nelle mani del pastore.
Adoperato per vari fini, si è ricavato un posto molto importante nella storia e nella cultura della nostra isola.
Riassumervi il suo percorso storico in due righe è impossibile, noi ci limiteremo a farvi capire il perché della sua notorietà e importanza.
I primi cenni storici parlano del  238 a.c., quando i Romani ma si pensa ancor prima i Fenici e i Cartaginesi si impadronirono dell’isola, attratti dalle sue enormi potenzialità in campo minerario metallifero.
Le vicissitudini dell’isola da quel periodo in poi furono molteplici col susseguirsi di lunghe colonizzazioni, dai Pisani alle dominazioni Aragonesi, con lo scopo unico di sfruttare quella ricchezza che, all’incirca da in decennio non copre più un piano di rilievo ma che, per secoli è stata l’economia portante del nostro territorio.
Le zone di massima estrazione erano le miniere del Sulcis - Iglesiente che per qualità e quantità non temevano competitori con il resto dell’Europa.
La popolazione dedita da sempre all’agricoltura e alla primaria e importante attività pastorizia, si trovò di fronte alla possibilità di professionalizzarsi in un altro settore, quello metallurgico.
Il popolo Sardo, forte delle conoscenze artigianali - manifatturiere apprese dalle vari colonizzazioni e delle vari tecniche dell’arrangiarsi che lo rapportavano al quotidiano, colse l’occasione e sfrutto questa grandezza mineraria.
L’abbondanza di argento, oro e di tanti altri metalli, permise di confezionare manufatti, che ancor oggi rivestono  un importanza e anno un valore conosciuto in tutto il mondo, tra i quali il coltello.
Il connubio tra pastorizia (attività primaria) e questo nuovo utensile, quale il coltello, fu immediato.
C’è chi disse che il coltello non era nient’altro che il prolungamento della mano del pastore.
Questo ci fa capire il perché della perfezione delle caratteristiche del  “coltello sardo”, che deve rispecchiare nella lunghezza, pesantezza, misura, tipologia della lama, conformazione del corno, le esigenze che andrà a servire.
Vi assicuro che ancor oggi vedere un pastore maneggiare il proprio coltello è un vero spettacolo.
Non considerato un semplice utensile, il coltello era ritenuto un compagno di vita di cui ci si poteva fidare ciecamente, una forma di virilità, un senso di sicurezza.
Con esso si potevano macellare le sue bestie, curarle, nutrirsi, difendersi, offendere e nelle lunghe giornate di solitudine con il proprio gregge, si prestava a strumento per intarsiare dei pezzi di legno insignificanti che nelle mani abili del pastore assumevano la forma di vere e proprie opere d’arte (tuttora si trovano delle lavorazioni sul legno, di rilevante importanza, eseguite con un semplice coltello).
La prima “leppa” (coltello) sarda non assomigliava a quella che conosciamo ma, era una sorta di spada che misurava 50/60 cm e veniva portata nella cintola (può ricordare il coltello arabo, che lo differenzia per la minor lunghezza e per quella sua curva così accentuata).
Sa “leppa” o “sa resorza”, veniva anche soprannominata “la spada del popolo”  perché all’occorrenza veniva usato per risolvere questioni personali che passavano attraverso il rito conosciuto come (sa stoccata), portando la lite ad un triste epilogo che finiva nel sangue.
Dei veri e propri regolamenti di conti che purtroppo, nell’entroterra, sono ancora radicati.
Basta pensare che con quel tipo di coltello si sono combattute diverse guerre per difendere l’isola dagli invasori e vi assicuro che i sardi con quell’arma ci sapevano fare molto bene!
Dopo l’entrata in vigore della legge che predispose  rigorosi limiti di dimensione alla lama, la leppa fu rivisitata nel suo aspetto ma conservandone le principali caratteristiche tradizionali.
Per l’appunto è stata consacrata la nuova “leppa” . Questo appena descritto non è l’unico tipo di coltello di cui la storia ci racconta.
Era la guerra del 15-18 quando i nostri soldati del Battaglione Brigata Sassari, memorabili a tanti per le sua gesta, sferrarono attacchi proprio con un coltello, ossia “la guspinesa”.
Coltello dalla punta mozza, sicuramente non offensivo ma evidentemente di sicura efficacia, visto che al grido –forza paris - i nostri fanti, gettando la baionetta a terra perché ritenuta scomoda, si scagliarono in una lotta corpo a corpo, facendo retrocedere le truppe avversarie , demoralizzate e impaurite da tanta enfasi e abilità nell’uso del coltello.
Negli anni il coltello sardo è diventato sempre più perfetto e funzionale per assolvere alle più svariate esigenze.

Nessun commento:

Posta un commento